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Protagonisti

 

 

 

 

 

 

 

 

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Protagonisti ABRAHAM MASLOW

Uno dei sostenitori più autorevoli dell'importanza di "riprendere contatto" con sè stessi e i propri veri sentimenti e di realizzare il proprio essere totale è stato Abraham Maslow. La sua teoria si avvicina moltissimo a quella di Rogers, anch'egli infatti sostiene l'esistenza nell'essere umano di un vasto potenziale di natura positiva volta alla crescita e al pieno sviluppo individuale. Qualità fondamentale dell'essere umano è questa tensione verso la realizzazione di tale potenziale: secondo Maslow l'uomo, per sua natura mostra di possedere una spinta interiore verso la pienezza dell'essere e la realizzazione sempre più completa della propria essenza umana, esattamente nello stesso modo in cui, in termini naturalistici e scientifici, si può dire che la ghianda possiede la "spinta" a diventare quercia e che la tigre mostra "impulso" a comportarsi da felino come il cavallo da equino. L'intento di Maslow è di studiare "l'uomo ottimale" e di scoprire le qualità che possiedono coloro che sembrano più vicini alla realizzazione delle proprie potenzialità; secondo questo orientamento l'individuo sente maggiormente tale "bisogno di crescita" (e cioè il bisogno di raggiungere la propria auto-realizzazione) che emerge quando i bisogni di natura primaria (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza e auto-stima) sono stati soddisfatti. Egli descrive inoltre il particolare tipo di sensazione e di esperienza che sembra contraddistinguere coloro che hanno realizzato sè stessi e si esprimono pienamente; ha perciò cercato di individuare le caratteristiche di uomini come Beethoven, Einstein, Jefferson, Lincoln, Whitman e anche di alcune personalità che conosceva direttamente e ammirava. L'auto-realizzazione può essere considerata non soltanto un bisogno e una qualità posseduta da individui particolari ma anche come un esperienza soggettiva che ciascuno di nooi, anche se solo in alcuni momenti della vita, può sperimentare. Maslow ha chiamato questi particolari momenti "esperienze culminanti" : cioè esperienza a carattere momentaneo di piena soddisfazione e gioia, nelle quali l'individuo esce dai confini ristretti del proprio sè e, a vari livelli di intensità, consegue una felicità priva di tensioni, un momento di perfezione. Per descrivere questo particolare stato si ricorre a termini quali "sentirsi vivi", "senso della bellezza", "estasi", "facilità", "unicità" e "pienezza". E' possibile conseguire eserienze "culminanti" nei contesti più vari, per esempio, tramite l'apprezzamento estetico della natura e della bellezza, la preghiera, la relazione profonda con gli altri e le attività creative. Maslow ordina i motivi in una gerarchia che sale a partire dai bisogni fisiologici come la fame e la sete, passando poi al bisogno di sicurezza, di amore e stima (per es. sentirsi competenti), ed infine, l'auto-realizzazione nella completa riuscita dell'essere umano potenziale, come nei processi creativi. I bisogni più bassi sono quelli più forti e pretendono di essere soddisfatti per primi. I bisogni più elevati hanno influenza minore sul comportamento, ma sono i più propriamente umani.

 

Per richiedere una bibliografia essenziale su Abraham Maslow inviare richiesta all'indirizzo info@studioaska.it

 

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Protagonisti GORDON ALLPORT

Secondo Gordon Allport ciò che motiva veramente gli esseri umani è la tendenza a soddisfare i propri bisogni biologici di sopravvivenza, ai quali Allport fa riferimento definendoli come funzioni opportunistiche. Egli notò come le funzioni opportunistiche possono essere definite come reattive, orientate al passato e biologiche. Nonostante ciò lo psicologo americano maturò la convinzione che le funzioni opportunistiche erano relativamente importanti per capire l'agire dell'essere umano. Secondo la sua posizione, la maggior parte dei comportamenti umani è quindi motivata da qualcosa di molto diverso, che funziona solitamente in modo tale da esprimere il sè individuale. L'autore definì questa spinta cognitiva con il termine funzioni proprie. La maggior parte delle cose che facciamo nella nostra vita è in buona sostanza la recita del ruolo che il nostro sè ha deciso di interpretare. Le funzioni proprie possono essere caratterizzate come pro-attive, orientate al futuro e psicologiche. Il termine proprio deriva dal latino proprium, che è il concetto tramite il quale Allport intende fare riferimento all'idea di . Egli passò sotto osservazione centinaia di definizioni per quel concetto, e arrivò alla conclusione che per poter far assumere un profilo maggiormente scientifico al suo lavoro, sarebbe stato necessario sostituire il termine . Allport mise molta enfasi sul concetto di sè, con lo scopo intrinseco di definire questo concetto il più accuratamente possibile. L'idea dello psicologo americano è che il deve venire considerato come composto da aspetti dell'esperienza che vanno considerati come non accidentali, emozionalmente sentiti come "caldi" e centrali. La definizione globale che Allport dà al concetto di sè comprende sostanzialmente sette funzioni, atte a prendere il sopravvento in determinati periodi della vita: I) Senso del corpo; II) Auto-identità; III) Auto-stima; IV) Auto-estensione; V) Immagine di sè; VI) Rational coping; VII) Tendere al proprio.

 

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Protagonisti CHRIS ARGYRIS

L'idea principale che sta alla base di tutto l'impianto concettuale della teoria di Argyris è la convinzione che occorra concepire la gestione strategica motivazionale come un processo continuo che abbraccia sia l'intento strategico (qualcosa di analogo a ciò che altri chiamano la visione) che la sua realizzazione. Più precisamente , le interazioni delle risposte "artistiche" dei manager (giacchè ormai tutti concordano sul fatto che la strategia è sopratutto un'attività creativa) ai vari livelli dell'azienda all'interno di un ambiente sempre più complesso e in rapido cambiamento dà origine a una conversazione strategica dell'azienda con il proprio ambiente. E' sensato concepire l'azienda come impegnata in una mutua transazione con il proprio ambiente attraverso la quale essa effettua l'inventario di una nuova situazione ambientale, parla alla situazione attraverso il progetto e l'attuazione di nuove mosse strategiche e riceve (a volte) una sorprendente risposta dall'ambiente in relazione alla quale è portata a ripensare la sua valutazione ambientale e a ristrutturare la sua strategia.La cosa importante è il livello nel quale si viene a impostare questa comunicazione.
Nel caso il livello sia puramente operativo (il cosiddetto single loop), e ignora o trascura l'intento strategico, che dovrebbe essere il più possibile chiaro, discusso e condiviso (il cosiddetto double loop) si svilupperanno fatalmente comportamenti difensivi (o offensivi) tra i diversi protagonisti, conflitti destinati a generare altri conflitti, e logiche di potere fini a se stesse. In questi casi l'attuazione della strategia verrà resa impossibile o quanto meno fortemente distorta.

 

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Protagonisti EDGAR H. SCHEIN

Secondob Edgar H. Schein i leaders sono la parte dell'organizzazione in grado di mettere in azione il cambiamento, ma proprio perchè i leader sono creati, in un certo senso, dalla cultura dell'organizzazione nella quale operano, spesso vi si trovano "incastrati". E' anche vero che ciò non cambia il fatto che se qualcuno dovrà gestire, mantenere, far evolvere o cambiare la cultura, tutte queste operazioni devono coincidere con la funzione unica di chi possiede la top leadership in quella data organizzazione. La maggior parte dei senior leader sono in contatto con l'ambiente e i vari cambiamenti potenziali in quel dato contesto. Pertanto essi dovranno essere in grado di gestire la cultura. Per mettere in atto il cambiamento i leaders hanno bisogno di muoversi al di fuori dei propri sistemi. Ciò che i leaders oggi devono fare è marginalizzare se-stessi, per potersi guardare intorno e capire cos'altro sta succedendo nel mondo che li circonda per cercare di oltrepassare le barriere create grazie al fatto di essere cresciuti nelle proprie organizzazioni. Quindi se i leader non sono consapevoli delle culture nelle quali essi sono inseriti, saranno le culture stesse a gestire i leaders piuttosto che vice versa. La comprensione culturale è auspicabile per tutti, ma essa è essenziale per chi possiede ruoli di leadership. Tutte le organizzazioni, da una famiglia ad una grande azienda, possiedono una cultura. La cultura è il risultato di un processo complesso che coinvolge sia l'influenza che possiede l'agire del leader, che l'apprendimento di gruppo. Edgar H. Schein dice che la creazione della cultura e la pratica gestionale sono l'essenza della leadership, cioè la cultura e la leadership sono veramente le due facce di una stessa medaglia. Egli spiega che questi valori e assunti condivisi derivano il loro potere dal fatto che essi iniziano ad operare fuori dalla consapevolezza umana. Di solito si ha l'abitudine di non dare alla cultura il giusto peso, così da non accettare di mettere in discussione i nostri assunti culturali e non discuterli con nessuno. Schein è convinto che le persone non pongano sotto osservazione gli assunti una volta che questi sono stati accettati. Quello che Edgar H. Schein vede come unica soluzione per il cambiamento è la figura di un leader che sappia vedere oltre gli assunti culturali propri della sua organizzazione e riesca così ad andare oltre le barriere poste da questi.

 

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Protagonisti WARREN BENNIS

Warren Bennis è da anni convinto che la chiave per il futuro vantaggio competitivo aziendale sarà la capacità dell'organizzazione di creare l'architettura sociale in grado di generare il capitale intellettuale. La leadership è la chiave per realizzare il pieno potenziale del capitale intellettuale. Il modello di riferimento elaborato da Bennis prevede sette attributi essenziali della leadership. Messi insieme, questi attributi forniscono una struttura di riferimento che dà la possibilità al leader di guidare la crescita conoscitiva dei lavoratori: I) Technical competence - competenze tecniche legate al proprio settore lavorativo; II) Conceptual skill - facilità di astrazione; III) Track record - una storia di risultati di successo; IV) People skills - abilità nel motivare, comunicare e delegare; V) Taste - abilità nell'individuare e coltivare talenti; VI) Judgment - prendere decisioni difficili, in tempo breve e con dati imperfetti; VII) Character - qualità che ci definiscono.
Secondo Bennis i senior executives raramente presentano carenze nei primi tre attributi; essi di solito non falliscono a causa di incompetenza tecnica e concettuale, ed è altrettanto difficile che essi raggiungano alti livelli senza aver portato a termine risultati importanti, ma afferma a gran voce che i leaders efficaci del futuro si distingueranno per la loro capacità di gestire anche la parte più soft dei propri skills:
people skills, taste, judgment, e soprattutto il profilo del proprio character.

 

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Protagonisti HENRY MINTZBERG

Henry Mintzberg è da anni convinto che ci sia un'ossessione del potere personale. Gli individui hanno avuto troppa influenza sulle società, e questo li ha fatti diventare meno democratici che mai. I leaders hanno bisogno di fermare la loro ossessione di "fare".
Quando i grandi pacchetti di incentivi finanziari diventano la regola per i manager, essi sentono l'impellenza di essere visti come persone che fanno grandi cose, come cambiamenti memorabili e creare iniziative dove lasceranno il loro marchio. Mintzberg è convinto che gli stili di leadership "eroici" facciano più danni che altro, per le società e le organizzazioni che essi cercano di guidare. Tutti i leaders devono avere il coraggio di capire cosa sta succedendo attorno a loro, e comportarsi in modo tale da stimolare l'energia e il talento dei colleghi che gli stanno intorno. Mintzberg focalizza il suo discorso sui tempi caotici nei quali viviamo oggi, e sulla grande paura che abbiamo riguardo a ciò che succederà domani e questo ci impedisce di eliminare dei modi di agire da leader che ormai sono diventati inefficaci e obsoleti. Oggi, secondo l'autore è importante addestrare dei leaders che lasceranno da parte le vecchie forme mentali della leadership dominante, e si avvicineranno ad uno stile di leadership maggiormente collaborativa. Si è sempre creduto che la dominazione portasse il maggior risultato, mentre è chiaro oggi come la dominazione porti risultati sempre più scadenti. Henry Mintzberg è assolutamente convinto che una leadership non dominante (che lui chiama Quiet leadership) sia più difficile da trovare, ma si cela nei comportamenti meno evidenti ma infine molto più efficaci. In quei modi di fare si ritrova il luogo dove la leadership efficace e sostenibile è al lavoro, dove la focalizzazione sull'obiettivo, la chiarezza e la volontà di fare sono semplici e guidano le competenze.

 

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Protagonisti JOHN KOTTER

La teoria elaborata da John Kotter possiede come elemento principale l'idea che i leaders per migliorare debbano iniziare a capire che la leadership non è solo un compito dato ad una persona che si trova ad un certo grado della gerarchia, ma è di fatto qualcosa in più. I leaders hanno bisogno di capire veramente cosa significa, per quelli che hanno intorno, essere una figura di riferimento. Essi hanno bisogno di maturare una vera fiducia in se stessi per diventare delle reali guide. Diventa cosi fondamentale riuscire ad imparare dalla propria espereienza cio che funziona e cio che invece va rivisto, in moda da potere iniziare un percorso di crescita effettivo. Non è difficile ancora oggi trovare persone che ricoprono ruoli di leadership e che non sanno assolutamente niente della capacità gestionale o che non si comportano come leader. L'esempio lampante di questa tendenza sono le persone che non ascoltano i collaboratori gerachicamente inferiori, come quelli che non riescono a comprendere l'esigenze dei clienti. I veri lieaders sono quelle persone che ascoltano attentamente tutto ciò che sta accadendo in torno a loro, sono quelli che non si chiuderanno mai nei propri uffici rimanendo lontani dalle persone e conservando come unica fonte di certezza i reports e i picccoli incontri per sapere cosa sta accadendo. La più comune forma di leadership che viene ritenuta come positiva da Kotter è quella che vede negli individui che sfidano lo status quo, raccolgono informazioni in tutte le direzioni e stabiliscono assieme ai collaborazioni un senso della direzione. Oggi diventa fondamentale, per un leader, stimolare una visione che sia raggiungibile e in seguito mettere in opera delle strategie che rendano possibile trasformare la visione in realtà. I leaders efficenti comunicano la strategia con le parole ma soprattutto con i fatti, alle persone che hanno intorno, per poi assicurarsi che essi l'abbiano capita e che principalmente la condividano. E' solo in seguito che un buon leader deve creare le condizioni per far sì che le persone agiscano in accordo alla visione. Tutto ciò può voler dire mettere in atto tutta una serie di comportamenti che vanno dall'aiutare le persone a far combaciare le proprie aspirazioni con la visione, fino al rigettare quelle azioni che non vengono ritenute conformi agli obiettivi.

 

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Protagonisti PETER SENGE

Peter Senge ha trattato in modo approfondito l'argomento leadership, creando svariati modelli per aiutare i manager ad accrescere le capacità di gestione. Lo studioso ebbe la capacità di osservare ciò che solitamente viene preso come non importante e cioè che il modo in cui funzionano le organizzazioni è il medesimo modo che mettono in pratica le persone che lavorano in quelle date società. Questo portò Peter Senge alla convinzione che per mettere in pratica dei cambiamenti profondi, è essenziale che avvenga un mutamento nelle persone. Ridisegnare le linee e la definizione in una struttura organizzativa senza indicare il modo in cui le persone all'interno dell'organizzazione interagiscono potrebbe essere come compiere un'impresa miracolosa. Mentre molti leaders sono a conoscenza dei bisogni dei leaders di tutti i livelli dell'organizzazione, essi raramente gestiscono l'impresa come se questi interlocutori esistessero. Essi cadono in una trappola che è diventata forzata. Essi confondono la leadership con il loro grado. La credenza che i leaders siano solo quelli con il titolo esecutivo e gli uffici più belli è utile per rinforzare la mancanza di iniziativa e di imprenditorialità propria di questi leaders. Le società innovative e veramente adattabili all'environment riconoscono che una leadership sana richieda tre tipi di stili: I) local line leaders (branch managers, project team leaders, sales managers e altri front line performers); II) internal networkers (front line workers, in-house consultants, trainers oppure professional staff); III) executive leaders. Tutti e tre questi tipi di leadership hanno un ruolo essenziale che possono giocare. Senza le iniziative del local line leader nessuno sforzo verso il cambiamento andrà molto lontano. Senza l'internal networker, le attività innovative difficilmente si diffonderebbero. Senza executive leadership il clima della società sarebbe continuamente di contrasto alle innovazioni.

 

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Studio Aska
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